Nell’autunno del 1983 incontrai per la prima volta il dr. Cottoni. Era il responsabile dell’Ufficio Integrazione del Provveditorato.
Fresca di nomina quale Preside della Scuola Media di Sorbolo con preoccupazione mi trovavo ad affrontare le prime assemblee dei genitori nei vari Consigli di classe. Proprio in quell’anno infatti era stato inserito per la prima volta in una prima un alunno segnalato, come si diceva allora, come portatore di handicap.
C.R. era un bambino cicciotto, con gli occhi azzurri e un perenne sorriso sulle labbra. Naturalmente il suo comportamento non era perfetto e i genitori dei compagni erano sul piede di guerra con il timore che l’andamento didattico e disciplinare ne potesse risultare penalizzato.
In ottobre, alla prima convocazione dell’ Assemblea dei genitori, decisi di invitare il dr. Cottoni a partecipare alla riunione.
Arrivò puntualissimo, gentile nei modi ed elegante nell’aspetto .
Iniziarono i lavori del Consiglio e il problema dell’inserimento del ragazzo fu subito posto da docenti e genitori in modo alquanto concitato.
Cottoni, sorridente ma con sguardo inflessibile e parole ferme , illustrò con competenza e profonda umanità la necessità di offrire anche ai ragazzi svantaggiati l’opportunità di vivere con i loro coetanei . Era un loro diritto essere conosciuti, guidati e orientati nell’inserimento della società e della vita.
Da allora in poi, abbandonata alle mie responsabilità di Preside giovane e inesperta da Provveditori che vivevano la loro funzione come aridi amministratori ed esecutori di normative, mi appoggiai spesso a Cottoni rigoroso e determinato nel portare avanti le istanze dei cittadini più deboli.
Gli anni successivi videro grandi cambiamenti: il passaggio dai programmi alla programmazione, dal voto alle valutazioni personalizzate, da risultati classificatori a obbiettivi finalizzati per ogni alunno.
Anni difficili che richiedevano agli insegnanti cambiamenti di mentalità e metodi di lavoro.
Si manifestava una ventata di aria nuova nella scuola. Anche sollecitata dall’arrivo di docenti di sostegno specializzati ai cui corsi di formazione, a livello provinciale, il Cottoni pedagogista aveva dato un notevole impulso.
I nuovi principi si basavano sull’insegnamento individualizzato, con particolare riferimento alla conoscenza dell’alunno, alla metodologia didattica e ai processi di valutazione.
A poco a poco vivere insieme ai ragazzi che all’inizio potevano sembrare diversi diventa un fatto quasi naturale.
La frequenza quotidiana, lo scambio delle esperienze attenuano le differenze e contribuiscono a maturare conoscenze reciproche.
Modalità di osservazione, definizione degli obiettivi, verifiche dei risultati si rivelano criteri validi non solo per gli alunni in difficoltà ma per tutti gli alunni.
Nel 1997 avviene un’altra tappa significativa ad opera del Cottoni di nuovo precursore . In collaborazione con AMNIC nasce il CEPDI , il Centro Provinciale per la Documentazione sull’Integrazione, in campo scolastico lavorativo e sociale .
L’iniziativa fu possibile anche attraverso il coinvolgimento civile e la partecipazione economica di tanti Enti territoriali (Comuni, Provincia, Università, Banche).
Un minuzioso impegno comunicativo portò al riconoscimento e alla condivisione dell’ intera comunità dell’attività svolta in tanti anni e dei risultanti conseguiti. Accanto al Centro per la documentazione del lavoro svolto fu allestita anche una Biblioteca specializzata sui problemi dell’integrazione .
Negli anni 2003-2007 accettai di sostituirlo alla Direzione del CEPDI e la mia stima nei suoi confronti si consolidò.
Ha collaborato in seguito con il Centro ma continuava a studiare e a scrivere ed in particolare si occupava di problemi religiosi.
Penso che il progetto più bello per ricordarlo sia quello di allestire un archivio, ordinato con criteri scientifici, che possa contenere i documenti del cammino svolto. Tale documentazione dovrebbe essere inserita tra i materiali di un Istituto di storia contemporanea.
Vorrei ricordare Cottoni come uno dei protagonisti della stagione post ’68 a Parma.
Lucilla Delpogetto