Pubblichiamo qui la lettera che il nostro Presidente, Danilo Amadei, e il Direttore del centro, Massimo Parmigiani hanno inviato alla Gazzetta di Parma.
“Per una scuola davvero di tutti.
Come premessa occorre ringraziare chi opera nella scuola, per la capacità di rendere quotidiano il diritto costituzionale all’istruzione per tutti, nonostante i tagli scellerati degli ultimi, almeno, 12 anni, che ha comportato la riduzione di tempo scuola, delle compresenze degli insegnanti, delle attività laboratoriali diffuse, con un aumento delle disparità di opportunità nelle varie aree del Paese e negli stessi territori (con incrementi dell’abbandono scolastico che non si vedevano dagli anni ’80).
Il nostro intervento si concentra in particolare per chi ha maggiori difficoltà a scuola e nei mesi scorsi ha vissuto un forte isolamento aggravato dalla propria condizione di disabilità e dalla scarsità di opportunità di didattica a distanza e di alternative relazionali, con la responsabilità dei percorsi a totale carico della famiglia.
Il sospirato rientro a scuola per molti studenti disabili è avvenuto però senza insegnanti di sostegno. E’ un problema che dura da anni e che i vari governi che si sono succeduti in questo nuovo secolo non hanno voluto risolvere. Al di là dei cronici (e non giustificabili) ritardi nelle assegnazioni prima dell’inizio del nuovo anno scolastico, rimane il problema della mancanza di insegnanti specializzati.
Qui è necessaria una scelta di priorità negli investimenti. Nell’ultimo ciclo di specializzazione (terminato quest’anno) sono stati garantiti 14.000 posti, a fronte degli oltre 70.000 da reperire. E’ evidente che con queste scelte il problema si aggraverà ancora per anni. Non è possibile tardare oltre se si vuole garantire uguali diritti e opportunità di apprendimento a tutti gli studenti.
Ricordiamo anche che al corso di specializzazione, con tirocinio formativo attivo, deve fare seguito un concorso per il passaggio in ruolo, per cui ogni ulteriore ritardo è colpevole.
Oltre alla mancanza di insegnanti specializzati c’è il diffuso problema di tanti insegnanti che cambiano scuola ogni anno ed anche di chi sceglie, legittimamente, di passare dal sostegno all’insegnamento della materia per la quale è abilitato.
Temiamo che la crescita di questo fenomeno sia anche dovuto al cambiamento in questi ultimi anni del ruolo dell’insegnante di sostegno, dal lavoro nel gruppo classe a quello prevalentemente individuale, spesso al di fuori della classe.
Negli ultimi anni è sempre più frequente, all’interno di percorsi individuali con tecniche anche innovative, vedere percorsi di apprendimento che isolano gli studenti con disabilità dal contesto classe, con l’assegnazione dei percorsi di apprendimento al singolo insegnante di sostegno e non alla programmazione e all’attività dell’intera classe. Rischiando così il doppio isolamento dello studente e dell’insegnante.
E’ ormai raro vedere l’insegnante di sostegno intervenire con le sue competenze e le sue esperienze nel contesto classe, condividendo con l’insegnante di materia il compito del lavoro di relazione dello studente disabile con il gruppo classe. Questo forte cambiamento di ruolo, con addirittura in alcuni contesti scolastici di un lavoro prevalente al di fuori della classe, ha provocato la richiesta di cambiamento da parte di molti insegnanti di sostegno.
E’ indispensabile una riflessione profonda sul ruolo dell’insegnante di sostegno che valorizzandone le competenze eviti la frustrazione di percorsi isolati e non corrispondenti a quanto previsto dalla normativa sui percorsi educativi e di apprendimento nelle scuole, anche secondarie.
Al ruolo dell’insegnante di sostegno si affianca quello dell’educatore scolastico, che ormai raramente è nell’organico dei Comuni (come fino ad una ventina di anni fa), ma è assegnato ad imprese che hanno vinto appalti con frequente cambiamento del personale e una concezione della figura dell’educatore che non è sussidiario ma sostitutivo del ruolo istituzionale che è previsto per loro (con i conseguenti riflessi retributivi).
In termini più generali temiamo che sia stata indebolita la cultura dell’integrazione, come diritto di tutti, nella reciprocità del crescere insieme. Una cultura che rispetta ognuno non solo per quello che è, ma anche per quello che può diventare, insieme agli altri, nell’aiuto reciproco.
Sempre più sentiamo il crescere di un atteggiamento di sopportazione, quando non di vera e propria discriminazione, nei confronti della diversità intesa come un problema, un costo, una mancanza e non come una risorsa. Tutti nasciamo e cresciamo grazie alla relazione di soggetti differenti.
La scuola ha dimostrato per decenni come l’integrazione fa bene a tutti, aiutarsi a “mettersi nei panni degli altri”, aiuta a crescere, anche nell’apprendimento perché chi aiuta un compagno impara due volte perché trova nuovi modi di conoscenza.
Ancora più in generale dobbiamo accettare la cultura del limite come connaturato alla nostra condizione umana che è la condizione per aprirsi alla ricchezza degli altri. L’eccesso di narcisismo individualistico che ci avvolge ci fa perdere la nostra dimensione umana che cresce nella relazione, nel sentirsi comunità che non può escludere nessuno, pena la mutilazione della propria umanità.
La scuola è, come diceva Calamandrei, il quarto organo costituzionale proprio perché garantisce pari opportunità proprio a tutti. Dobbiamo rendere questo fondamento della democrazia attuale, quotidiano, per tutti. Ne va della nostra democrazia.
Confidiamo che i fondi europei per la “Next generation” abbiano la scuola di tutti come priorità.”
Danilo Amadei (Presidente del Cepdi)
Massimo Parmigiani (Direttore del Cepdi)